venerdì 21 marzo 2014
Il muro della vergogna. Betlemme, dieci anni dopo
di Betta Tusset
Se lo ricordano bene, gli abitanti di Betlemme, quel 1° marzo 2004.
Si ricordano le camionette dell'esercito d’occupazione, con i blocchi di
plastica alti un metro o poco più, che improvvisamente davano il via
anche nella loro città all'incubo del muro. La “barriera di
separazione”, il “muro di separazione”, la “barriera di sicurezza”, la
“chiusura di sicurezza”, e infine il “muro della vergogna”, il “muro
dell'Apartheid”: quanti nomi hanno dovuto apprendere da quel giorno,
quanti distinguo intrisi di ipocrisia si sono celati in questi anni
dietro quel gigante di cemento grigio, che ha stravolto le loro
giornate, il loro movimento, spesso la loro stessa sopravvivenza.
Se lo ricordano bene quel giorno le suore del Baby Hospital, che da allora e ogni volta che è stato possibile hanno lanciato il loro appello accorato e oggi quasi sfinito: fatelo cadere, aiutateci ad abbatterlo con la denuncia, con l'azione nonviolenta, con la preghiera!
Oggi, dieci anni dopo, mentre a Betlemme e in molte città italiane si ricorda questa triste data pregando e riflettendo insieme agli amici di Un ponte per Betlemme promosso da Pax Christi, prendiamo in mano una cartina dell'Ocha (v. immagine grande a destra), l'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu, e guardiamo lo scempio. E il disegno, dieci anni dopo, si fa chiaro: Har Homa, Gilo, Har Gilo, Betar Illit e tutto il blocco delle colonie di Gush Etzion si spalmano violacee e beffarde attorno alla città del pane, dell'accoglienza gratuita. Tutte attorno al muro, quasi a fargli da corona.
Solo una piccola linea cede ai contorni ormai delineati: un pezzettino ancora manca. È quello appena sopra Beit Jala, dove la resistenza nonviolenta, ultima di tante piccole azioni di protesta (ricordiamo nel 2010 quelle messe in atto dagli abitanti di Al Walajeh insieme ai tanti internazionali), sta se non altro impegnando non poco la corte di giustizia israeliana, grazie alla protesta delle 58 famiglie che non vogliono cedere le loro terre al muro. La valle di Cremisan infatti si trova tra gli insediamenti illegali di Gilo e Har Gilo. Il muro fornirà ad Israele più terra per espandere entrambe le colonie. Come sempre, in questi dieci, lunghissimi anni. E così, soprattutto, si andrebbe a chiudere... il semicerchio.
E allora ecco perché. Signori, ecco a voi i nuovi confini. Perchéla linea verde, la Green line del '49 è al di là di tutto questo. Ma il muro legittima di fatto, in questa terra dove ormai da troppo tempo i fatti contano molto più del diritto internazionale, l'annessione definitiva di queste colonie a Israele. E ancora una volta il discorso si sposta dal diritto alla sicurezza, che comunque non può avvenire sacrificando libertà e sicurezza altrui. E Betlemme, la piccola Betlemme, preziosa per attrarre turisti anche all'ente del turismo israeliano, incuneata dentro. Anche all'approssimarsi del Natale scorso, infatti, Israele ha cercato di rassicurare i turisti: il ministro del turismo di Israele, Uzi Landau, ha affermato: «Facciamo tutto il possibile affinché i cristiani possano visitare i luoghi sacri». Forse nessuno l'aveva avvisato che anche a Betlemme ci sono cristiani. E soprattutto che a Betlemme ci sono i suoi abitanti, cristiani o musulmani che siano, che vorrebbero tanto e ormai disperatamente veder riconosciuta anche la loro, di sicurezza, solamente in quanto individui: quella di poter domani muoversi liberamente, senza suddividere la giornata contando il tempo che occorre per aggirare i percorsi che il muro obbliga ciascuno di loro a fare per sopravvivergli.
Questi dieci anni sono stati duri per i betlemiti: lo confermano i tanti negozi sbarrati, i passi stanchi, gli sguardi sfiduciati delle persone che si aggirano per la città in questi giorni. The wall, the wall, dicono indicando il mostro. Non serve snocciolare i numeri delle persone che hanno perso il lavoro, la casa, la salute a causa del muro. Non serve elencare quanti adulti non sono riusciti a raggiungere in tempo gli ospedali “di là”, quanti bambini hanno ottenuto una corsia preferenziale per il cielo, in attesa che l'ambulanza arrivasse da “di là”, a prenderli in tempo. Non serve numerare gli alberi da frutta e gli ulivi abbattuti dall'esercito di occupazione, le terre confiscate, le case abbattute, i lacrimogeni e le pallottole lanciati in risposta alle pietre. Non serve misurare la lunghezza delle code dei betlemiti che ogni notte, permesso in mano e pronti a slacciare la cintura dei pantaloni, si sono messi in coda al checkpoint, divenuto ormai una sorta di “terminal” ipertecnologico e asettico, in attesa di andare a lavorare a giornata di là cioè, assurdamente, ancora in Palestina. Non importa ormai più “quanto” di tutto questo. Sappiate solo che tutto ciò è accaduto e sta accadendo.
* Pax Christi (bettatus@libero.it)
in adista segni nuovi 2014 n. 10
Se lo ricordano bene quel giorno le suore del Baby Hospital, che da allora e ogni volta che è stato possibile hanno lanciato il loro appello accorato e oggi quasi sfinito: fatelo cadere, aiutateci ad abbatterlo con la denuncia, con l'azione nonviolenta, con la preghiera!
Oggi, dieci anni dopo, mentre a Betlemme e in molte città italiane si ricorda questa triste data pregando e riflettendo insieme agli amici di Un ponte per Betlemme promosso da Pax Christi, prendiamo in mano una cartina dell'Ocha (v. immagine grande a destra), l'ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu, e guardiamo lo scempio. E il disegno, dieci anni dopo, si fa chiaro: Har Homa, Gilo, Har Gilo, Betar Illit e tutto il blocco delle colonie di Gush Etzion si spalmano violacee e beffarde attorno alla città del pane, dell'accoglienza gratuita. Tutte attorno al muro, quasi a fargli da corona.
Solo una piccola linea cede ai contorni ormai delineati: un pezzettino ancora manca. È quello appena sopra Beit Jala, dove la resistenza nonviolenta, ultima di tante piccole azioni di protesta (ricordiamo nel 2010 quelle messe in atto dagli abitanti di Al Walajeh insieme ai tanti internazionali), sta se non altro impegnando non poco la corte di giustizia israeliana, grazie alla protesta delle 58 famiglie che non vogliono cedere le loro terre al muro. La valle di Cremisan infatti si trova tra gli insediamenti illegali di Gilo e Har Gilo. Il muro fornirà ad Israele più terra per espandere entrambe le colonie. Come sempre, in questi dieci, lunghissimi anni. E così, soprattutto, si andrebbe a chiudere... il semicerchio.
E allora ecco perché. Signori, ecco a voi i nuovi confini. Perchéla linea verde, la Green line del '49 è al di là di tutto questo. Ma il muro legittima di fatto, in questa terra dove ormai da troppo tempo i fatti contano molto più del diritto internazionale, l'annessione definitiva di queste colonie a Israele. E ancora una volta il discorso si sposta dal diritto alla sicurezza, che comunque non può avvenire sacrificando libertà e sicurezza altrui. E Betlemme, la piccola Betlemme, preziosa per attrarre turisti anche all'ente del turismo israeliano, incuneata dentro. Anche all'approssimarsi del Natale scorso, infatti, Israele ha cercato di rassicurare i turisti: il ministro del turismo di Israele, Uzi Landau, ha affermato: «Facciamo tutto il possibile affinché i cristiani possano visitare i luoghi sacri». Forse nessuno l'aveva avvisato che anche a Betlemme ci sono cristiani. E soprattutto che a Betlemme ci sono i suoi abitanti, cristiani o musulmani che siano, che vorrebbero tanto e ormai disperatamente veder riconosciuta anche la loro, di sicurezza, solamente in quanto individui: quella di poter domani muoversi liberamente, senza suddividere la giornata contando il tempo che occorre per aggirare i percorsi che il muro obbliga ciascuno di loro a fare per sopravvivergli.
Questi dieci anni sono stati duri per i betlemiti: lo confermano i tanti negozi sbarrati, i passi stanchi, gli sguardi sfiduciati delle persone che si aggirano per la città in questi giorni. The wall, the wall, dicono indicando il mostro. Non serve snocciolare i numeri delle persone che hanno perso il lavoro, la casa, la salute a causa del muro. Non serve elencare quanti adulti non sono riusciti a raggiungere in tempo gli ospedali “di là”, quanti bambini hanno ottenuto una corsia preferenziale per il cielo, in attesa che l'ambulanza arrivasse da “di là”, a prenderli in tempo. Non serve numerare gli alberi da frutta e gli ulivi abbattuti dall'esercito di occupazione, le terre confiscate, le case abbattute, i lacrimogeni e le pallottole lanciati in risposta alle pietre. Non serve misurare la lunghezza delle code dei betlemiti che ogni notte, permesso in mano e pronti a slacciare la cintura dei pantaloni, si sono messi in coda al checkpoint, divenuto ormai una sorta di “terminal” ipertecnologico e asettico, in attesa di andare a lavorare a giornata di là cioè, assurdamente, ancora in Palestina. Non importa ormai più “quanto” di tutto questo. Sappiate solo che tutto ciò è accaduto e sta accadendo.
* Pax Christi (bettatus@libero.it)
in adista segni nuovi 2014 n. 10
Abbiamo bisogno di qualcosa di più, più di un papa, più di un Concilio…
di Xavier Pikaza - adista
Molti sono (siamo) sorpresi per le cose che dice e che fa papa
Francesco, in linea con il Vangelo. Ci pare che sia una cosa assai
buona, ma riteniamo che la Chiesa abbia bisogno di qualcosa di più di un
papa (per quanto un papa come Francesco sia necessario).
Molti siamo convinti che il Concilio Vaticano II (1962-1965) sia stato un dono per la Chiesa e che la sua visione generale e i suoi documenti debbano essere attualizzati e portati a compimento. Pensiamo, però, che non basti più un Concilio, perché forse l’era dei Concilii episcopali della Chiesa, iniziata nel palazzo imperiale di Nicea, è giunta al suo termine.
Abbiamo bisogno di qualcosa di più, più di un papa, più di un Concilio…
1. PIÙ DI UN MERO CONCILIO
Risulta comprensibile che alcuni, in questo momento di cambiamento, auspichino la celebrazione di un nuovo Concilio, il quale definisca come debba essere la Chiesa e, all’interno di essa, la struttura gerarchica, seguendo il modello medievale del Concilio di Costanza (1414-1418) (quello che affermava la superiorità del Concilio sul papa, ndt). Piacerebbe loro che si definissero subito nuove strutture per la Chiesa, risolvendo dall’alto temi come il celibato, l’ordinazione delle donne, il potere dei vescovi, la funzione del papa…
‒ Non è il momento. Oggi, nel 2014, con una maggioranza di vescovi nominati in base a una linea decisamente sacrale e persino fondamentalista, un Vaticano III a cui assisterebbero solo questi risulterebbe poco rappresentativo dell’insieme della Chiesa e della dinamica del Vangelo. Un Concilio cristiano appare oggi impossibile senza la partecipazione dell’insieme delle Chiese impegnate nel servizio dei poveri a partire da Gesù.
‒ Cominciare dalla vita. Più che un Concilio che decida dall’alto cosa sono o devono fare i credenti, vogliamo Chiese che esplorino e percorrano cammini di Vangelo, dal basso, nel servizio ai poveri, in comunione mutua, senza attendere soluzioni esterne. Per questo, sembra necessario vivere ancora un tempo di “caos”, per imparare a condividere la sofferenza di quanti sono stati espulsi dalla vita e per aprire con loro un cammino di libertà (...). Nessuno (né dentro né fuori della Chiesa) deve dare ai cristiani l’autorità per pensare e celebrare, per organizzarsi e decidere della propria vita, poiché quell’autorità la possiedono già (cfr Mt 18,15-20), essendo loro stessi Concilio permanente.
‒ Contro l’endogamia. Un Concilio chiuso su se stesso, impegnato solo su temi interni alla Chiesa, sarebbe un segno di egoismo. Quello che importa sono i poveri, non un Concilio centrale. D’altra parte, nella misura in cui è comunione e servizio di amore, tutta la vita cristiana è Concilio, cioè riunione permanente di quanti sono convocati dallo Spirito di Cristo per annunciare il Vangelo della libertà e della vita. In base a questo, il Concilio non deve essere un atto separato, ma espressione della vita delle Chiese, bazar permanente di molteplici contatti in cui uomini e donne donano e condividono la propria vita (cfr 1Cor 13). (…).
L’autentico Concilio delle Chiese è la loro vita quotidiana, nella quale si vanno creando forme concrete e impegnate di presenza e di servizio ai poveri (…).
In questo senso, essere cristiani è “vivere in Concilio”, coltivando l’unità che sorge dalla parola e dalla vita condivisa, a partire dai più poveri. Solo in questo contesto si potrà parlare di vescovi e papi, con altri ministri ugualmente importanti. Il cristianesimo è Concilio o rete di relazioni che non si possono delegare, di modo che non possa mai sorgere una persona (un papa) o un comitato (un’autorità collegiale) che costringa al silenzio gli altri e parli a loro nome senza averli ascoltati. Questo cristianesimo conciliare a cui alludo non deve fare grandi cose (edificare cattedrali, creare commissioni, vincere guerre), ma essere semplicemente un ponte in cui tutti possano incontrarsi. (…).
2. PIÙ DI UN PAPA, UNA GRANDE UTOPIA
Finora ha trionfato un tipo di globalizzazione economico-politica che ha assunto forme elleniste o, ancor meglio, platoniche, con una separazione di livelli (sopra lo spirituale, sotto il materiale) e con una struttura gerarchica in cui i nobili (i saggi-degni-superiori) dominano i plebei (ignoranti-indegni-inferiori). In questi ultimi secoli, tale sistema è sfociato in un tipo di capitalismo neoliberista, introducendo un nuovo e più forte modello di separazione classista sul piano economico e tecnico, militare e amministrativo. Ebbene, a questa tendenza opponiamo la cattolicità cristiana, partendo dalla grazia di Dio che si esprime nei poveri.
Per questo, per coerenza storica e spirito evangelico, quelli che si dicono successori di Pietro e capi delle Chiese devono tornare nel luogo in cui è stato Gesù (e i primi cristiani: Maddalena, Pietro, Paolo…), tra gli affamati e gli emarginati dell’antico impero, per riscoprire e ricreare la cattolicità del Vangelo, senza con ciò assumere il potere, in quanto, se lo facessero, smetterebbero di essere segno del Vangelo. (…).
Quello che unisce la Chiesa non sono dei dogmi proposti in modo più o meno ellenista (secondo i Concilii), né leggi fissate in un Codice di Diritto Canonico, né l’alta gerarchia, ma la mutazione evangelica di Cristo, che si esprime nell’amore reciproco e nel pane condiviso, in un perdono che non è offerto dall’alto (come effetto di una misericordia classista), ma dagli stessi peccatori perdonati. In questo contesto si situa la dichiarazione fondativa della prima assemblea o Concilio di Gerusalemme, dove i rappresentanti delle comunità (che non erano vescovi), discussero, dialogarono e finirono per mettersi d’accordo sull’essenziale, dichiarando: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…» (At 15,28). Quell’«abbiamo deciso…» significa che i cristiani si scoprono mossi dallo Spirito di Cristo e in questo modo è apparso loro come un bene che le comunità di linea paolina (accettate da Pietro) potessero aprirsi ai gentili, chiedendo loro solo che si ricordassero dei poveri (cfr Gal 2,9-10).
Certamente, all’interno della comunione condivisa dallo Spirito, possono e devono esserci funzioni differenti (cfr 1 Cor 12-14), come quella che il Gesù pasquale affidò a Pietro dicendogli: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32). Pietro svolse un compito molto importante agli inizi della Chiesa, ma con lui dobbiamo ricordare Maddalena e Maria, la madre di Gesù, con Giacomo e con Paolo e con molti altri. Il Dio di Gesù parla a ciascuno, nella sua intimità, ma in comunione con altri.
Senza dubbio, è importante che i credenti ascoltino in modo personale la Parola (attraverso la Scrittura o per ispirazione interiore), come hanno posto in rilievo i cristiani evangelici. Ma bisogna anche potenziare la vita delle comunità, che esplorano e procedono per tentativi, che aprono e offrono cammini di esperienza condivisa (di Vangelo), in questo tempo in cui molti di noi si sentono minacciati dal sistema, condannati all’individualismo o dominati da gruppi di pressione che vogliono imporci la loro volontà.
In tale contesto, bisogna rimarcare che tutti i cristiani sono sacerdoti, perché il sacerdozio comune dei fedeli (fondato sulla fede e sul battesimo, cioè sul radicamento ecclesiale) è la prima cosa. Per questo, la celebrazione del battesimo e dell’eucaristia non è un diritto che i vescovi o il papa concedono ai fedeli, ma un elemento essenziale delle comunità che possono ricevere nuovi credenti e celebrare la memoria di Gesù. Per questo, non è la gerarchia a rendere possibile l’eucaristia, ma il contrario: la stessa eucaristia, celebrata dall’insieme della comunità, riunita nel nome di Gesù, rende possibile la nascita di una comunità in cui i credenti possiedono e condividono doni diversi, ma tutti al servizio dello stesso corpo ecclesiale (cfr 1Cor 12-14).
Molti siamo convinti che il Concilio Vaticano II (1962-1965) sia stato un dono per la Chiesa e che la sua visione generale e i suoi documenti debbano essere attualizzati e portati a compimento. Pensiamo, però, che non basti più un Concilio, perché forse l’era dei Concilii episcopali della Chiesa, iniziata nel palazzo imperiale di Nicea, è giunta al suo termine.
Abbiamo bisogno di qualcosa di più, più di un papa, più di un Concilio…
1. PIÙ DI UN MERO CONCILIO
Risulta comprensibile che alcuni, in questo momento di cambiamento, auspichino la celebrazione di un nuovo Concilio, il quale definisca come debba essere la Chiesa e, all’interno di essa, la struttura gerarchica, seguendo il modello medievale del Concilio di Costanza (1414-1418) (quello che affermava la superiorità del Concilio sul papa, ndt). Piacerebbe loro che si definissero subito nuove strutture per la Chiesa, risolvendo dall’alto temi come il celibato, l’ordinazione delle donne, il potere dei vescovi, la funzione del papa…
‒ Non è il momento. Oggi, nel 2014, con una maggioranza di vescovi nominati in base a una linea decisamente sacrale e persino fondamentalista, un Vaticano III a cui assisterebbero solo questi risulterebbe poco rappresentativo dell’insieme della Chiesa e della dinamica del Vangelo. Un Concilio cristiano appare oggi impossibile senza la partecipazione dell’insieme delle Chiese impegnate nel servizio dei poveri a partire da Gesù.
‒ Cominciare dalla vita. Più che un Concilio che decida dall’alto cosa sono o devono fare i credenti, vogliamo Chiese che esplorino e percorrano cammini di Vangelo, dal basso, nel servizio ai poveri, in comunione mutua, senza attendere soluzioni esterne. Per questo, sembra necessario vivere ancora un tempo di “caos”, per imparare a condividere la sofferenza di quanti sono stati espulsi dalla vita e per aprire con loro un cammino di libertà (...). Nessuno (né dentro né fuori della Chiesa) deve dare ai cristiani l’autorità per pensare e celebrare, per organizzarsi e decidere della propria vita, poiché quell’autorità la possiedono già (cfr Mt 18,15-20), essendo loro stessi Concilio permanente.
‒ Contro l’endogamia. Un Concilio chiuso su se stesso, impegnato solo su temi interni alla Chiesa, sarebbe un segno di egoismo. Quello che importa sono i poveri, non un Concilio centrale. D’altra parte, nella misura in cui è comunione e servizio di amore, tutta la vita cristiana è Concilio, cioè riunione permanente di quanti sono convocati dallo Spirito di Cristo per annunciare il Vangelo della libertà e della vita. In base a questo, il Concilio non deve essere un atto separato, ma espressione della vita delle Chiese, bazar permanente di molteplici contatti in cui uomini e donne donano e condividono la propria vita (cfr 1Cor 13). (…).
L’autentico Concilio delle Chiese è la loro vita quotidiana, nella quale si vanno creando forme concrete e impegnate di presenza e di servizio ai poveri (…).
In questo senso, essere cristiani è “vivere in Concilio”, coltivando l’unità che sorge dalla parola e dalla vita condivisa, a partire dai più poveri. Solo in questo contesto si potrà parlare di vescovi e papi, con altri ministri ugualmente importanti. Il cristianesimo è Concilio o rete di relazioni che non si possono delegare, di modo che non possa mai sorgere una persona (un papa) o un comitato (un’autorità collegiale) che costringa al silenzio gli altri e parli a loro nome senza averli ascoltati. Questo cristianesimo conciliare a cui alludo non deve fare grandi cose (edificare cattedrali, creare commissioni, vincere guerre), ma essere semplicemente un ponte in cui tutti possano incontrarsi. (…).
2. PIÙ DI UN PAPA, UNA GRANDE UTOPIA
Finora ha trionfato un tipo di globalizzazione economico-politica che ha assunto forme elleniste o, ancor meglio, platoniche, con una separazione di livelli (sopra lo spirituale, sotto il materiale) e con una struttura gerarchica in cui i nobili (i saggi-degni-superiori) dominano i plebei (ignoranti-indegni-inferiori). In questi ultimi secoli, tale sistema è sfociato in un tipo di capitalismo neoliberista, introducendo un nuovo e più forte modello di separazione classista sul piano economico e tecnico, militare e amministrativo. Ebbene, a questa tendenza opponiamo la cattolicità cristiana, partendo dalla grazia di Dio che si esprime nei poveri.
Per questo, per coerenza storica e spirito evangelico, quelli che si dicono successori di Pietro e capi delle Chiese devono tornare nel luogo in cui è stato Gesù (e i primi cristiani: Maddalena, Pietro, Paolo…), tra gli affamati e gli emarginati dell’antico impero, per riscoprire e ricreare la cattolicità del Vangelo, senza con ciò assumere il potere, in quanto, se lo facessero, smetterebbero di essere segno del Vangelo. (…).
Quello che unisce la Chiesa non sono dei dogmi proposti in modo più o meno ellenista (secondo i Concilii), né leggi fissate in un Codice di Diritto Canonico, né l’alta gerarchia, ma la mutazione evangelica di Cristo, che si esprime nell’amore reciproco e nel pane condiviso, in un perdono che non è offerto dall’alto (come effetto di una misericordia classista), ma dagli stessi peccatori perdonati. In questo contesto si situa la dichiarazione fondativa della prima assemblea o Concilio di Gerusalemme, dove i rappresentanti delle comunità (che non erano vescovi), discussero, dialogarono e finirono per mettersi d’accordo sull’essenziale, dichiarando: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…» (At 15,28). Quell’«abbiamo deciso…» significa che i cristiani si scoprono mossi dallo Spirito di Cristo e in questo modo è apparso loro come un bene che le comunità di linea paolina (accettate da Pietro) potessero aprirsi ai gentili, chiedendo loro solo che si ricordassero dei poveri (cfr Gal 2,9-10).
Certamente, all’interno della comunione condivisa dallo Spirito, possono e devono esserci funzioni differenti (cfr 1 Cor 12-14), come quella che il Gesù pasquale affidò a Pietro dicendogli: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc 22,31-32). Pietro svolse un compito molto importante agli inizi della Chiesa, ma con lui dobbiamo ricordare Maddalena e Maria, la madre di Gesù, con Giacomo e con Paolo e con molti altri. Il Dio di Gesù parla a ciascuno, nella sua intimità, ma in comunione con altri.
Senza dubbio, è importante che i credenti ascoltino in modo personale la Parola (attraverso la Scrittura o per ispirazione interiore), come hanno posto in rilievo i cristiani evangelici. Ma bisogna anche potenziare la vita delle comunità, che esplorano e procedono per tentativi, che aprono e offrono cammini di esperienza condivisa (di Vangelo), in questo tempo in cui molti di noi si sentono minacciati dal sistema, condannati all’individualismo o dominati da gruppi di pressione che vogliono imporci la loro volontà.
In tale contesto, bisogna rimarcare che tutti i cristiani sono sacerdoti, perché il sacerdozio comune dei fedeli (fondato sulla fede e sul battesimo, cioè sul radicamento ecclesiale) è la prima cosa. Per questo, la celebrazione del battesimo e dell’eucaristia non è un diritto che i vescovi o il papa concedono ai fedeli, ma un elemento essenziale delle comunità che possono ricevere nuovi credenti e celebrare la memoria di Gesù. Per questo, non è la gerarchia a rendere possibile l’eucaristia, ma il contrario: la stessa eucaristia, celebrata dall’insieme della comunità, riunita nel nome di Gesù, rende possibile la nascita di una comunità in cui i credenti possiedono e condividono doni diversi, ma tutti al servizio dello stesso corpo ecclesiale (cfr 1Cor 12-14).
domenica 16 marzo 2014
Ucraina: Russia ci sta invadendo, reagiremo
L'Ucraina accusa la Russia di aver invaso militarmente il proprio
territorio nella regione di Kherson, al confine con la Crimea. Il
ministero degli Esteri di Kiev chiede il "ritiro immediato" delle forze
russe e minaccia di rispondere "con tutti i mezzi per fermare
l'invasione militare".
La risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro il referendum in Crimea non passa per il veto posto dalla Russia. La Cina si è astenuta, mentre gli altri 13 Paesi hanno votato a favore.
"La Russia può porre il veto in Consiglio di Sicurezza, ma non può porre il veto alla verità": lo ha dichiarato l'ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Samantha Power. "Oggi è un giorno triste", ha continuato. "Questo documento è fondato su principi che forniscono le basi per il diritto internazionale". Per l'ambasciatrice americana all'Onu il voto di oggi mostra "l'isolamento di Mosca" di fronte alla comunità internazionale. "La Russia non può cambiare le aspirazioni del popolo ucraino - ha detto - e fin dall'inizio di questa crisi la posizione russa è stata in contrasto non solo con la legge, ma anche con i fatti".
Quindi la stoccata. "La Russia dovrà rispondere delle sue azioni, e potrebbe essere soggetta ad un isolamento diplomatico ed economico", ha detto Power precisando che, se verranno confermate le accuse di Kiev sulla presenza di truppe russe sul territorio nazionale, si tratterebbe di "una escalation scandalosa".
Il Cremlino
Il Cremlino invita al "realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione" sull'Ucraina. "Speriamo che sia a noi che ai nostri partner basterà la saggezza politica, il senso di realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione, quella ideologica o di altro genere", ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, in una intervista all'emittente Ren-Tv.
Il Cremlino dissente poi dalle allusioni degli economisti sul rischio di un auto-isolamento della Russia. "Sarebbe illogico, irrealistico e assurdo, oggi nell'epoca della globalizzazione, della assoluta interdipendenza economica", ha commentato il portavoce Dmitri Peskov in una intervista a Ren-Tv. A suo avviso la Russia dipende dall'Occidente nella stessa misura in cui l'Occidente dipende dalla Russia.
"Siamo interessati allo sviluppo della cooperazione (con l'Occidente, ndr), e non vorremmo che quanto avviene in Ucraina provocasse l'effetto opposto", ha concluso Peskov.
Il G-7 a Londra
Il governo britannico ha proposto Londra come sede alternativa per la riunione del G7, se la Russia dovesse essere espulsa dal G8 a causa della sua politica in Ucraina. Lo scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, citando una fonte vicina al governo tedesco. La proposta sarebbe stata accolta dagli altri sei Paesi membri, Italia inclusa.
Oltre al possibile spostamento della riunione del G7 a Londra, rispetto a quella del G8 in programma a Sochi, lo Spiegel spiega che se il presidente russo Vladimir Putin non dovesse fare passi indietro sull'annessione della Crimea, Berlino potrebbe annullare anche le consultazioni intergovernative russo-tedesche in programma a Lipsia in aprile, o comunque mantenerle in un formato ridotto.
La mano davanti, la medaglia coperta, lo sguardo fiero: e' il gesto che gli atleti ucraini alle Paralimpiadi di Sochi hanno scelto per simboleggiare la protesta per la difficile situazione che il Paese sta vivendo con l'"invasione" russa in Crimea. Al momento delle premiazioni tutti gli atleti ucraini delle diverse specialità hanno coperto le medaglie con le mani davanti al petto.
ansa
La risoluzione presentata al Consiglio di Sicurezza dell'Onu contro il referendum in Crimea non passa per il veto posto dalla Russia. La Cina si è astenuta, mentre gli altri 13 Paesi hanno votato a favore.
"La Russia può porre il veto in Consiglio di Sicurezza, ma non può porre il veto alla verità": lo ha dichiarato l'ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Samantha Power. "Oggi è un giorno triste", ha continuato. "Questo documento è fondato su principi che forniscono le basi per il diritto internazionale". Per l'ambasciatrice americana all'Onu il voto di oggi mostra "l'isolamento di Mosca" di fronte alla comunità internazionale. "La Russia non può cambiare le aspirazioni del popolo ucraino - ha detto - e fin dall'inizio di questa crisi la posizione russa è stata in contrasto non solo con la legge, ma anche con i fatti".
Quindi la stoccata. "La Russia dovrà rispondere delle sue azioni, e potrebbe essere soggetta ad un isolamento diplomatico ed economico", ha detto Power precisando che, se verranno confermate le accuse di Kiev sulla presenza di truppe russe sul territorio nazionale, si tratterebbe di "una escalation scandalosa".
Il Cremlino
Il Cremlino invita al "realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione" sull'Ucraina. "Speriamo che sia a noi che ai nostri partner basterà la saggezza politica, il senso di realismo politico per non scivolare verso una ancora più profonda contrapposizione, quella ideologica o di altro genere", ha detto il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, in una intervista all'emittente Ren-Tv.
Il Cremlino dissente poi dalle allusioni degli economisti sul rischio di un auto-isolamento della Russia. "Sarebbe illogico, irrealistico e assurdo, oggi nell'epoca della globalizzazione, della assoluta interdipendenza economica", ha commentato il portavoce Dmitri Peskov in una intervista a Ren-Tv. A suo avviso la Russia dipende dall'Occidente nella stessa misura in cui l'Occidente dipende dalla Russia.
"Siamo interessati allo sviluppo della cooperazione (con l'Occidente, ndr), e non vorremmo che quanto avviene in Ucraina provocasse l'effetto opposto", ha concluso Peskov.
Il G-7 a Londra
Il governo britannico ha proposto Londra come sede alternativa per la riunione del G7, se la Russia dovesse essere espulsa dal G8 a causa della sua politica in Ucraina. Lo scrive il settimanale tedesco Der Spiegel, citando una fonte vicina al governo tedesco. La proposta sarebbe stata accolta dagli altri sei Paesi membri, Italia inclusa.
Oltre al possibile spostamento della riunione del G7 a Londra, rispetto a quella del G8 in programma a Sochi, lo Spiegel spiega che se il presidente russo Vladimir Putin non dovesse fare passi indietro sull'annessione della Crimea, Berlino potrebbe annullare anche le consultazioni intergovernative russo-tedesche in programma a Lipsia in aprile, o comunque mantenerle in un formato ridotto.
La mano davanti, la medaglia coperta, lo sguardo fiero: e' il gesto che gli atleti ucraini alle Paralimpiadi di Sochi hanno scelto per simboleggiare la protesta per la difficile situazione che il Paese sta vivendo con l'"invasione" russa in Crimea. Al momento delle premiazioni tutti gli atleti ucraini delle diverse specialità hanno coperto le medaglie con le mani davanti al petto.
ansa
Renzi, Papa Francesco e il potere delle parole
Guarda bene quel che sta succedendo e goditi l’impossibile! (abbiate fede!)
Ma chi l’avrebbe mai detto?!?
Ma quanto mi diverto!
Stiamo assistendo a una rivoluzione epocale, ma gran parte della maggioranza degli osservatori e dei politici non se ne rende conto e continua a balbettare che Renzi è pazzo e che i soldi in cassa non ci sono.
Dicono: Renzi sta vendendo la pelle dell’orso prima di ammazzarlo.
Le reazioni alle promesse di Renzi denotano una totale incapacità di capire quel che sta succedendo in Italia e che fa meravigliosamente il paio con quel che sta succedendo nella Chiesa.
Non si capisce che nella società digitale le parole sono altrettanto potenti dei fatti: sono fatti. Internet è fatto di parole e immagini.
E gran parte di politici e giornalisti sono prigionieri delle balle che essi stessi hanno raccontato.
La prima grandiosa bugia è che in Italia non ci sono i soldi.
Ho scritto fino alla nausea che non si può parlare di crisi in un Paese dove si buttano via quasi 600 miliardi all’anno (200 di evasione fiscale e contributiva, 250 tra corruzione, inefficienza, burocrazia, e ben più di 200 regalati all’economia criminale). Ma la questione grande è che i soldi buttati via provocano una colossale perdita di competitività, impediscono a chi ha idee di poterle sviluppare e umiliano gli imprenditori onesti. La Francia ha lo stesso numero di abitanti dell’Italia, ma ha il 50% in più di Pil (più di 500 miliardi), la differenza è che lì lo stato funziona.
La burocrazia e lo spreco impediscono gli investimenti stranieri, fanno lievitare il costo dell’energia, avviliscono la ricerca… Quindi oltre ai soldi buttati ce ne sono altrettanti che potrebbero circolare nella nostra economia… Occasioni strozzate.
Da tempo ripeto che il cambiamento deve arrivare perché finalmente è maturata l’idea che se ci scrollassimo di dosso la burocrazia e l’inefficienza dello stato cambierebbe tutto. Lo dicono Confindustria, Cna, sindacati, il comune sentire della gente.
Arriva Renzi e dice semplicemente: se ci diamo una mossa si cambia tutto! E dice: prendiamo 15 miliardi dello spreco e dell’inefficienza e diamoli ai lavoratori, tagliamo le tasse alle aziende, aggiustiamo le scuole.
E non solo lo dice: fissa le date!
E molti si chiedono: ma come si può fare? Non c’è riuscito mai nessuno!
Perché ormai lo sappiamo tutti che l’Italia è paralizzata da mille lobby e potentati…
Non si coglie che quel che sta facendo Renzi l’ha già fatto Papa Francesco. È riuscito a smuovere un colosso immane soltanto con il potere delle parole.
La geniale manovra di Ratzinger (che mi pento di aver oltraggiato) gli ha dato in mano un grosso bastone e il popolo cattolico era stanco di quella Chiesa corrotta e distante… E Francesco ha cambiato le regole della comunicazione, ha parlato alla gente e il desiderio di rinnovamento è esploso: ascoltati Radio Maria oggi! Una cosa incredibile!!! E chi lo ferma adesso uno che ti parla d’amore, di comprensione e rispetto verso divorziati e gay e che ti smantella la finanza nera?
Renzi sta seguendo la stessa via. Come il Papa telefona direttamente alle persone.
Una madre che ha perso il figlio nel crollo di una scuola gli manda una mail e lui due ore dopo le telefona per dedicarle un miliardo e mezzo di investimenti sulle strutture scolastiche. Poi il giorno dopo i miliardi raddoppiano. Ti telefona entro due ore!!! Promette uno e dà due! Queste sono immagini che valgono il 2% del Pil da sole!!! L’economia è basata sulle parole, sugli stati d’animo.
E come il Papa si fa fotografare su un’utilitaria e dice cose spiritose.
Un Papa e un politico che fanno ridere!
Renzi che scappa dalla scorta, Renzi che gli altri ministri lo devono tener fermo perché sennò chissà cosa direbbe…
Renzi ha dalla sua parte la storia: l’Italia non può più andare avanti così… Renzi interpreta semplicemente i desideri del paese…
Oggi nessuno può dire di no a Renzi sui 1.000 euro in più all’anno nelle buste paga di 10 milioni di italiani. Chiunque gli si opponga è politicamente morto.
E il fatto che lui dica chiaro: se non do questi soldi entro il 27 maggio sono un buffone dà sostanza alle sue promesse. Perché è evidente che si sta giocando il tutto per tutto.
Ed è questa la novità di Renzi. Usa la propria carriera politica fulminea come garanzia, mette la testa sul ceppo del boia. In un paese abituato a politici che girano con doppie mutande di piombo questo è scioccante. E terrorizzante per i suoi avversari.
Renzi se ne frega delle regolette. E questo è un altro punto a suo favore. Sa bene che il bizantinismo italiano fa sì che in Italia tutto è vietato e tutto è permesso. Se vuoi veramente le cose le fai.
Berlusconi aveva le mani legate perché il suo scopo era salvare sé stesso dalla galera.
Renzi invece ha chiaramente un solo obiettivo: vincere.
Si è capito che Renzi è assetato di potere come nessun altro mai. Non ha altri interessi nell’armadio.
Non è uno che si accontenta di una mazzetta, vuole passare alla storia.
Vuole compiere l’impossibile: salvare l’Italia.
E non solo è ambizioso: è anche cattivo, è uno che ti accoltella il povero Letta senza battere ciglio. E attenti: l’italiano medio adora quelli cattivi…
Renzi è talmente cattivo che ha fregato pure superman Berlusconi… Se riesce a distribuire soldi a 10 milioni di italiani, alle prossime elezioni quanti voti prende?
(E tutti a dire che si era fatto fregare da B…)
Nb
Non sono diventato renziano, ma come dico da tempo, a differenza di Grillo, sono disposto ad allearmi anche col diavolo per riuscire a far fuori burocrazia e spreco… ora come ora non sogno un’Italia socialista mi basterebbe avere un governo di destra svizzero: gente che ragiona…
E appoggerò quindi il progetto Renzi con tutte le mie forze… (e rischiamo che Renzi sia addirittura meglio della destra svizzera). Facciamo funzionare le cose, un minimo… Poi ci scontreremo con Renzi sul senso della vita e la qualità degli spaghetti, sul pane e sulle rose.
Vedi L’arte della guerra di Sun Tzu e Sulla contraddizione di Mao: il comunista deve saper distinguere tra contraddizione principale e contraddizione secondaria… e Mao si allea con Chiang Kai Shek contro i giapponesi… La lotta alla burocrazia è la madre di tutte le battaglie.
di Jacopo Fo - ilfattoquotidiano
Ma chi l’avrebbe mai detto?!?
Ma quanto mi diverto!
Stiamo assistendo a una rivoluzione epocale, ma gran parte della maggioranza degli osservatori e dei politici non se ne rende conto e continua a balbettare che Renzi è pazzo e che i soldi in cassa non ci sono.
Dicono: Renzi sta vendendo la pelle dell’orso prima di ammazzarlo.
Le reazioni alle promesse di Renzi denotano una totale incapacità di capire quel che sta succedendo in Italia e che fa meravigliosamente il paio con quel che sta succedendo nella Chiesa.
Non si capisce che nella società digitale le parole sono altrettanto potenti dei fatti: sono fatti. Internet è fatto di parole e immagini.
E gran parte di politici e giornalisti sono prigionieri delle balle che essi stessi hanno raccontato.
La prima grandiosa bugia è che in Italia non ci sono i soldi.
Ho scritto fino alla nausea che non si può parlare di crisi in un Paese dove si buttano via quasi 600 miliardi all’anno (200 di evasione fiscale e contributiva, 250 tra corruzione, inefficienza, burocrazia, e ben più di 200 regalati all’economia criminale). Ma la questione grande è che i soldi buttati via provocano una colossale perdita di competitività, impediscono a chi ha idee di poterle sviluppare e umiliano gli imprenditori onesti. La Francia ha lo stesso numero di abitanti dell’Italia, ma ha il 50% in più di Pil (più di 500 miliardi), la differenza è che lì lo stato funziona.
La burocrazia e lo spreco impediscono gli investimenti stranieri, fanno lievitare il costo dell’energia, avviliscono la ricerca… Quindi oltre ai soldi buttati ce ne sono altrettanti che potrebbero circolare nella nostra economia… Occasioni strozzate.
Da tempo ripeto che il cambiamento deve arrivare perché finalmente è maturata l’idea che se ci scrollassimo di dosso la burocrazia e l’inefficienza dello stato cambierebbe tutto. Lo dicono Confindustria, Cna, sindacati, il comune sentire della gente.
Arriva Renzi e dice semplicemente: se ci diamo una mossa si cambia tutto! E dice: prendiamo 15 miliardi dello spreco e dell’inefficienza e diamoli ai lavoratori, tagliamo le tasse alle aziende, aggiustiamo le scuole.
E non solo lo dice: fissa le date!
E molti si chiedono: ma come si può fare? Non c’è riuscito mai nessuno!
Perché ormai lo sappiamo tutti che l’Italia è paralizzata da mille lobby e potentati…
Non si coglie che quel che sta facendo Renzi l’ha già fatto Papa Francesco. È riuscito a smuovere un colosso immane soltanto con il potere delle parole.
La geniale manovra di Ratzinger (che mi pento di aver oltraggiato) gli ha dato in mano un grosso bastone e il popolo cattolico era stanco di quella Chiesa corrotta e distante… E Francesco ha cambiato le regole della comunicazione, ha parlato alla gente e il desiderio di rinnovamento è esploso: ascoltati Radio Maria oggi! Una cosa incredibile!!! E chi lo ferma adesso uno che ti parla d’amore, di comprensione e rispetto verso divorziati e gay e che ti smantella la finanza nera?
Renzi sta seguendo la stessa via. Come il Papa telefona direttamente alle persone.
Una madre che ha perso il figlio nel crollo di una scuola gli manda una mail e lui due ore dopo le telefona per dedicarle un miliardo e mezzo di investimenti sulle strutture scolastiche. Poi il giorno dopo i miliardi raddoppiano. Ti telefona entro due ore!!! Promette uno e dà due! Queste sono immagini che valgono il 2% del Pil da sole!!! L’economia è basata sulle parole, sugli stati d’animo.
E come il Papa si fa fotografare su un’utilitaria e dice cose spiritose.
Un Papa e un politico che fanno ridere!
Renzi che scappa dalla scorta, Renzi che gli altri ministri lo devono tener fermo perché sennò chissà cosa direbbe…
Renzi ha dalla sua parte la storia: l’Italia non può più andare avanti così… Renzi interpreta semplicemente i desideri del paese…
Oggi nessuno può dire di no a Renzi sui 1.000 euro in più all’anno nelle buste paga di 10 milioni di italiani. Chiunque gli si opponga è politicamente morto.
E il fatto che lui dica chiaro: se non do questi soldi entro il 27 maggio sono un buffone dà sostanza alle sue promesse. Perché è evidente che si sta giocando il tutto per tutto.
Ed è questa la novità di Renzi. Usa la propria carriera politica fulminea come garanzia, mette la testa sul ceppo del boia. In un paese abituato a politici che girano con doppie mutande di piombo questo è scioccante. E terrorizzante per i suoi avversari.
Renzi se ne frega delle regolette. E questo è un altro punto a suo favore. Sa bene che il bizantinismo italiano fa sì che in Italia tutto è vietato e tutto è permesso. Se vuoi veramente le cose le fai.
Berlusconi aveva le mani legate perché il suo scopo era salvare sé stesso dalla galera.
Renzi invece ha chiaramente un solo obiettivo: vincere.
Si è capito che Renzi è assetato di potere come nessun altro mai. Non ha altri interessi nell’armadio.
Non è uno che si accontenta di una mazzetta, vuole passare alla storia.
Vuole compiere l’impossibile: salvare l’Italia.
E non solo è ambizioso: è anche cattivo, è uno che ti accoltella il povero Letta senza battere ciglio. E attenti: l’italiano medio adora quelli cattivi…
Renzi è talmente cattivo che ha fregato pure superman Berlusconi… Se riesce a distribuire soldi a 10 milioni di italiani, alle prossime elezioni quanti voti prende?
(E tutti a dire che si era fatto fregare da B…)
Nb
Non sono diventato renziano, ma come dico da tempo, a differenza di Grillo, sono disposto ad allearmi anche col diavolo per riuscire a far fuori burocrazia e spreco… ora come ora non sogno un’Italia socialista mi basterebbe avere un governo di destra svizzero: gente che ragiona…
E appoggerò quindi il progetto Renzi con tutte le mie forze… (e rischiamo che Renzi sia addirittura meglio della destra svizzera). Facciamo funzionare le cose, un minimo… Poi ci scontreremo con Renzi sul senso della vita e la qualità degli spaghetti, sul pane e sulle rose.
Vedi L’arte della guerra di Sun Tzu e Sulla contraddizione di Mao: il comunista deve saper distinguere tra contraddizione principale e contraddizione secondaria… e Mao si allea con Chiang Kai Shek contro i giapponesi… La lotta alla burocrazia è la madre di tutte le battaglie.
di Jacopo Fo - ilfattoquotidiano
sabato 15 marzo 2014
Si gioca in Italia in questi giorni una doppia partita... Non c’è più molto tempo
Sinistra . Rivoltare
come un calzino la legge elettorale è necessario ma non basta. È la
prospettiva politica del renzismo che va combattuta ritrovando
un’autonomia di deputati e senatori per contrastare una presa del potere
che prepara un altro ventennio
Quel che è uscito finora dal cappello di prestigiatore dell’attuale segretario Pd-presidente del consiglio è poco, confuso, contraddittorio, talvolta inconsistente, spesso inesistente, ma inequivocabilmente declamatorio e inconfondibilmente pubblicitario.
Alcuni punti fermi. L’Italicum fonda le sue fortune sull’asse con Silvio Berlusconi. Il che di per sé farebbe rabbrividire, ma non c’è solo questo. Ha attraversato per un pelo i voti della Camera dei deputati. Lo scontro sulle “quote rosa” ha rimanifestato di colpo l’esistenza sotterranea di un partito dei 101, più fedele a Renzi che al proprio partito e ai programmi elettorali sui quali questo si era conquistato bene o male una maggioranza nell’ultimo voto. Restano, con le “quote rosa”, questioni tutt’altro che irrilevanti come quelle delle preferenze, delle soglie di sbarramento, delle alleanze e del premio fuori misura allo stiracchiato vincitore. Allo stato attuale delle cose è lecito prevedere, in caso di approvazione, il rapido transito alla Corte costituzionale per un sospetto, appunto, d’incostituzionalità (Azzariti, Villone, ripetutamente su queste colonne; ma anche su altri giornali il discorso critico ha cominciato ad affacciarsi).
Dal punto di vista economico, abbiamo tutto e il contrario di tutto: i dieci milioni di sgravi fiscali per i lavoratori dipendenti più colpiti dalla crisi; e la precarizzazione illimitata e definitiva del mercato del lavoro (Alleva, il manifesto, 14 marzo). Ma soprattutto pende sulla manovra l’incertezza sulle sue fonti. Nessuno sa, né il presidente del consiglio finora lo ha detto, a quali voci attingere per rendere reale la sua mirabolante prospettiva (Fubini, la Repubblica 13 marzo; Pennacchi, l’Unità, 14 marzo).
Quel che Renzi offre al paese è un composto ibrido di posizioni, affermazioni, suggestioni e sollecitazioni, di cui non è più sufficiente dire che non è più né di destra né di sinistra, e neanche di centro, almeno nel senso tradizionale del termine, ma una nuova posizione politico-ideologica in cui può entrare di volta in volta tutto, purché confluisca a beneficiare il più possibile il prestigio e la fortuna del Capo (o Capetto che dir si voglia).
Aderire alla prospettiva di Renzi non significa dunque soltanto rinunciare a una prospettiva e a una politica di sinistra; significa rinunciare a una prospettiva “politica”, se per politica s’intende, e continua a intendersi, come si è sempre inteso nella tradizione politica occidentale (mica i Soviet, per intenderci) un corretto, limpido e dichiarato rapporto tra valori, prassi e obbiettivi da raggiungere (e, circolarmente, viceversa).
Così facendo, Renzi si affianca, con la maggior verve che la giovane età e una natura esuberante gli consentono, a quelli che, come ho avuto occasione di dire in un precedente articolo, non sono più i suoi avversari ma i suoi concorrenti. Il populismo gli è, persino più che negli altri due, impresso nella sua stessa matrice genetica. Renzi vola, dal comune di Firenze alla segreteria del Pd e di qui alla presidenza del consiglio, in virtù di un’investitura (le primarie dell’8 dicembre 2013) che non ha, mi verrebbe voglia di dire, nessuna legittimità costituzionale. Non è difficile ora arrivare alla previsione che, se fosse necessario, non solo nel campo delle riforme ma nel campo di tutto, sarebbe disponibile a fare, come ha già fatto, alleanze, esplicite o sotterranee, con tutti.
Se le cose stanno così, — mi rendo conto, naturalmente, che si potrebbe discutere a lungo di queste estremistiche premesse, — bisogna fermare Renzi prima che sia troppo tardi.
Non tanto per consentire la ripresa, anzi, la reviviscenza, di una prospettiva politica di sinistra nel nostro paese, la quale, se cova ancora fra noi, come io penso, verrà fuori a suo tempo; quanto per consentire la ripresa di un libero, effettivo gioco politico tra forze diverse, anche opposte, talvolta persino dialoganti e reciprocamente interconnettentisi, ma dotate ciascuna di un proprio registro identitario, con il quale, organizzativamente ed elettoralmente, identificarsi o distinguersi. Tutto ciò, mi rendo conto, non è facile. Soprattutto c’è poco, anzi quasi nessun tempo per farlo.
La prima scadenza possibile è il dibattito in Senato sulla legge elettorale. Bisogna rivoltare come un calzino il testo che arriva dalla Camera e, come dire, costituzionalizzarlo fino in fondo. Sui punti precedentemente elencati sono stati assunti impegni precisi (Bersani e altri). Vedremo cosa ne verrà fuori.
Ma non basta. Ha colpito, nei mesi che ci separano dall’insediamento di Renzi alla segreteria del Pd, e dalla sua pressoché totale conquista della direzione di quel partito, come frutto anch’esso automatico, delle primarie del dicembre 2013, la subalternità, anzi, in numerose occasioni, la supinità della cosiddetta minoranza interna del Pd, la quale rappresentava tuttavia ancora a quella data quasi la metà degli iscritti al Partito.
Torniamo alle premesse del mio discorso. Se questa subalternità, o supinità, continuano anche durante questa fase nella marcia di avvicinamento di Renzi ad una gestione ormai non più discutibile del potere, non ci saranno altre occasioni nel corso, approssimativamente, dei prossimi dieci anni. Bisognerebbe dunque agire subito, e costituire, tutti gli eletti Pd che intravvedono il rischio mortale contenuto in tale prospettiva, gruppi parlamentari autonomi, distinti da quelli renziani, — e potenzialmente più consistenti di questi, — per rovesciare, nella chiarezza della nuova situazione, lo svolgimento negativo, anzi catastrofico, delle premesse poste alla base del mio discorso. Per impedire a Renzi di conquistare una gestione illimitata del potere, si dovrebbero recuperare ora, subito e solidamente, e cioè con un preciso e indiscutibile atto formale, le condizioni di una prospettiva riformatrice seria nel nostro paese.
Non si tratta di una secessione. Anzi. Si tratta di ristabilire un giusto equilibrio fra l’espressione che c’è stata del voto elettorale e l’uso che ora ne vien fatto. Deputati e senatori del Pd sono stati eletti sulla base di un diverso programma politico, con obiettivi diversi, una diversa leadership, una diversa dinamica delle scelte da assumere. Devono semplicemente far riemergere quel che le primarie di partito del dicembre 2013 sembrerebbero aver innaturalmente seppellito. Se mai saranno gli altri a protestare e a tentare di farsi valere. Ma non dovrebbe prevalere l’opinione di un gruppo su quella di milioni di elettori.
Conseguenze possibili (possibili, ripeto, solo se l’andamento del processo viene rovesciato, e rovesciato ora): riconquistare, — e rifare, — questo partito. E cambiare la composizione partitica che sta attualmente alla base della maggioranza parlamentare che regge questo governo. Se questa composizione cambia, possono aprirsi scenari per ulteriori cambiamenti. Se queste possibilità vengono esperite fino in fondo, non è per niente detto che il governo, cioè l’Italia, — identificazione questa che viene continuamente ed enfaticamente ripetuta, ma che andrebbe quanto meno discussa, — vadano a carte quarantotto. Magari ne viene fuori lo stesso governo, ma diverso. Oppure un governo tutto diverso. E magari più forte. E più credibile, anche a livello europeo. Quel che è assolutamente certo è che restare immobili e indifesi dentro la manovra renziana, rappresenta la morte, non solo per il governo, non solo per il Pd, non solo per i gruppi parlamentari del Pd, ma anche e soprattutto, questa volta sì, per l’Italia.
Milano, i fascisti si chiudono in albergo
Neonazi. Casa Pound e Alba Dorata oltraggiano la città
medaglia d'oro della Resistenza con un convegno all'hotel Admiral di via
Domodossola. Gli antifascisti (militanti, centri sociali, partiti e
associazioni) chiedono alle istituzioni di negare l'agibilità politica.
Pressioni anche nei confronti della proprietà dell'albergo che ospita il
raduno
A volte ritornano. A Milano non è mai troppo allegra una fine settimana di iniziative antifasciste quando i fascisti ci sono davvero. Qui non è una presenza che passa inosservata, anche se quei pochi che ci provano fanno sempre di tutto per nascondersi nel peggiore dei modi. E comunque la caccia all’indirizzo dell’ultimo raduno neo nazi rimane pur sempre il miglior veicolo pubblicitario (per loro).
Oggi alle 16, dopo tanto studiato riserbo, si ritrovano all’Hotel Admiral di via Domodossola, zona Fiera. Sono gli adepti di Casa Pound Milano, una ventina di militanti, ma questa volta con tanto di ospiti speciali: alcuni esponenti di Alba Dorata, il partito dell’estrema destra greco che non ha certo bisogno di presentazioni. Parleranno di Europa e di come ribellarsi alla dittatura della finanza e questo, al di là del glamour horror, è un problema piuttosto serio, perché per la prima volta l’essere “antisistema” dell’estrema destra rischia di trovare consensi trasversali. Quanto agli antifascisti, come sempre, come è doveroso che sia, a loro tocca il ruolo forse poco esaltante di sentinelle.
Non c’è voglia, né forze, per preparare una piazza. E allora la strategia comunicat(t)iva degli antifascisti milanesi punta almeno a convincere l’albergo a chiudere le porte in faccia agli imbarazzanti convegnisti (è successa la stessa cosa a Monza, dove proprio oggi un hotel ha rifiutato una sala a Forza Nuova, all’ultimo minuto e dopo mille pressioni).
“Egregio direttore dell’Hotel Admiral, mi unisco a quanti le hanno già scritto per dissuaderla a concedere”… comincia così la letterina garbata che sta intasando la posta elettronica della direzione dell’albergo. Difficile però che annullino la prenotazione della sala dopo un solo giorno di mobilitazione, a meno che non si rendano conto che non è bello vedersi associati ad una formazione neo nazista. Poi c’è la politica, tutta.
Cgil, Fiom, Rifondazione, Sinistra per Pisapia, centri sociali, associazioni, tutti a far pressioni sulle istituzioni (questura e prefettura soprattutto) perché non concedano spazi di agibilità all’estrema destra. Molti si aspettano anche una presa di posizione decisa da parte della giunta di Palazzo Marino, e magari di qualche parlamentare particolarmente sensibile alle ragioni storiche che fanno di Milano la piazza più antifascista d’Italia. Una piazza che soprattutto nella sua parte più militante per questi due giorni si è già messa in moto per ricordare Davide Cesare, detto Dax, il ragazzo ucciso da due balordi antifascisti undici anni fa in via Brioschi. Un motivo in più per vivere come un insulto la presenza di Casa Pound ed Alba Dorata a Milano.
Diverse, infatti, sono le iniziative previste. Oggi, a Monza, è confermato alle 15 il presidio antifascista contro la presenza di Forza Nuova. Due ore dopo, a Novate Milanese, corteo in piazza Martiri della Libertà contro l’ingresso di Casa Pound nel consiglio comunale (con un consigliere simpatizzante). Sempre oggi, a Rozzano, alle 22, in via Franchi Maggi 118, concerto per Dax con Banda Bassotti, Los Fastidios, Skassapunka e Cleopatra Sound. Domani, invece, in Ripa dei Malfattori (Ripa di Porta Ticinese 83), alle 16 incontro con i compagni francesi del Comité pour Clement (nel nome del ragazzo ucciso a Parigi l’anno scorso dai fascisti). Poi, alle 21, in via Brioschi, musica e corteo sempre per Dax, lungo le vie del “suo” quartiere Ticinese.
di Luca FAzio - ilmanifesto.it
A volte ritornano. A Milano non è mai troppo allegra una fine settimana di iniziative antifasciste quando i fascisti ci sono davvero. Qui non è una presenza che passa inosservata, anche se quei pochi che ci provano fanno sempre di tutto per nascondersi nel peggiore dei modi. E comunque la caccia all’indirizzo dell’ultimo raduno neo nazi rimane pur sempre il miglior veicolo pubblicitario (per loro).
Oggi alle 16, dopo tanto studiato riserbo, si ritrovano all’Hotel Admiral di via Domodossola, zona Fiera. Sono gli adepti di Casa Pound Milano, una ventina di militanti, ma questa volta con tanto di ospiti speciali: alcuni esponenti di Alba Dorata, il partito dell’estrema destra greco che non ha certo bisogno di presentazioni. Parleranno di Europa e di come ribellarsi alla dittatura della finanza e questo, al di là del glamour horror, è un problema piuttosto serio, perché per la prima volta l’essere “antisistema” dell’estrema destra rischia di trovare consensi trasversali. Quanto agli antifascisti, come sempre, come è doveroso che sia, a loro tocca il ruolo forse poco esaltante di sentinelle.
Non c’è voglia, né forze, per preparare una piazza. E allora la strategia comunicat(t)iva degli antifascisti milanesi punta almeno a convincere l’albergo a chiudere le porte in faccia agli imbarazzanti convegnisti (è successa la stessa cosa a Monza, dove proprio oggi un hotel ha rifiutato una sala a Forza Nuova, all’ultimo minuto e dopo mille pressioni).
“Egregio direttore dell’Hotel Admiral, mi unisco a quanti le hanno già scritto per dissuaderla a concedere”… comincia così la letterina garbata che sta intasando la posta elettronica della direzione dell’albergo. Difficile però che annullino la prenotazione della sala dopo un solo giorno di mobilitazione, a meno che non si rendano conto che non è bello vedersi associati ad una formazione neo nazista. Poi c’è la politica, tutta.
Cgil, Fiom, Rifondazione, Sinistra per Pisapia, centri sociali, associazioni, tutti a far pressioni sulle istituzioni (questura e prefettura soprattutto) perché non concedano spazi di agibilità all’estrema destra. Molti si aspettano anche una presa di posizione decisa da parte della giunta di Palazzo Marino, e magari di qualche parlamentare particolarmente sensibile alle ragioni storiche che fanno di Milano la piazza più antifascista d’Italia. Una piazza che soprattutto nella sua parte più militante per questi due giorni si è già messa in moto per ricordare Davide Cesare, detto Dax, il ragazzo ucciso da due balordi antifascisti undici anni fa in via Brioschi. Un motivo in più per vivere come un insulto la presenza di Casa Pound ed Alba Dorata a Milano.
Diverse, infatti, sono le iniziative previste. Oggi, a Monza, è confermato alle 15 il presidio antifascista contro la presenza di Forza Nuova. Due ore dopo, a Novate Milanese, corteo in piazza Martiri della Libertà contro l’ingresso di Casa Pound nel consiglio comunale (con un consigliere simpatizzante). Sempre oggi, a Rozzano, alle 22, in via Franchi Maggi 118, concerto per Dax con Banda Bassotti, Los Fastidios, Skassapunka e Cleopatra Sound. Domani, invece, in Ripa dei Malfattori (Ripa di Porta Ticinese 83), alle 16 incontro con i compagni francesi del Comité pour Clement (nel nome del ragazzo ucciso a Parigi l’anno scorso dai fascisti). Poi, alle 21, in via Brioschi, musica e corteo sempre per Dax, lungo le vie del “suo” quartiere Ticinese.
di Luca FAzio - ilmanifesto.it
l’intenzione è quella di restringere sempre più il potere degli elettori. E il pluralismo, a tutto vantaggio dei partiti maggiori
Da Romolo a Matteo Renzi. Il senato si avvia davvvero
a scomparire? L’Assemblea delle autonomie proposta dal
presidente del Consiglio non è solo la correzione, attesa da anni,
del bicameralismo paritario, ma un intervento profondo
nell’architettura della Costituzione. La costituzionalista
Lorenza Carlassarre lo boccia in pieno. Con una premessa. «L’idea di
limitare a una camera il rapporto fiduciario del governo è vecchia
e condivisa. Ma per affidare al senato funzioni di garanzia
politica o di raccordo con i cittadini sui territori. Qui non si
fa né l’una cosa né l’altra. Mortati già nell’assemblea Costituente
diceva che il senato avrebbe dovuto ’integrare la rappresentanza’.
La bozza che ha presentato Renzi è la negazione di quel pensiero».
Professoressa Carlassare, come andrebbe superato a suo giudizio il bicameralismo paritario?
Ho trovato nei lavori della commissione bicamerale del ’97 una proposta interessante. Si immaginava allora il senato come un contrappeso istituzionale al governo, reso necessario dall’affermarsi dei sistemi maggioritari nei quali l’equilibrio si sposta fatalmente in favore dell’esecutivo. E in questo caso, cito dalla relazione della bicamerale, si impone la valorizzazione della funzione di controllo democratico verso il governo stesso. Il senato avrebbe dovuto occuparsi delle libertà della persona, degli organismi neutrali e del sistema di informazione.
L’Assemblea delle autonomie realizza almeno l’altro obiettivo, quello di rappresentare i territori?
Non mi pare. Così com’è proposta non è espressione del popolo della regione, delle sue diverse istanze e interessi. Sembra più un organo di raccordo dei governi regionali tra loro e con il governo centrale. Proprio in questa fase storica in cui cresce la domanda di partecipazione, si risponde escludendo gli elettori dalla scelta dell’istituzione. L’obiettivo è chiarissimo.
Qual è?
Vedo un filo logico tra la riforma elettorale e questa proposta sul bicameralismo. L’intenzione di restringere sempre più il potere degli elettori è la stessa. Si punta a ridurre il peso del popolo sovrano, addomesticarlo, tacitarne la volontà. Diminuire le garanzie democratiche è in fondo un desiderio da molti anni dominante. Ma qui, con questa nuova assemblea dei notabili che si sostituisce agli eletti dal popolo, il disegno appare chiarissimo. E che dire poi dei 21 nominati direttamente dal presidente della Repubblica che potrebbero da soli formare una pattuglia nutrita in grado di spostare gli equilibri politici all’interno della assemblea.
Ma i presidenti di regione e i sindaci sono in fondo eletti dai cittadini.
Peccato che i presidenti di regione in una data tornata elettorale potrebbero benissimo essere tutti o quasi tutti espressione della stessa forza politica. È già successo. E i due consiglieri regionali mandati a Roma sarebbero a tutto concedere rappresentanti dei due partiti maggiori, gli stessi che stanno disegnando una legge elettorale a loro uso e consumo. Cioè in pratica si vuole consentire l’esistenza di due soli partiti, stroncare il pluralismo che invece è un concetto che pervade tutta la Costituzione. La stessa cosa si fa mettendo nella legge elettorale la soglia di sbarramento all’8%.
Sistemata la composizione di questa Assemblea, che dice delle funzioni che si immagina di dare a questi senatori-non più senatori?
Che non essendo eletti non possono avere la funzione legislativa che si vuole dare loro, oltretutto per leggi importantissime come quelle costituzionali. Non sono espressione del corpo elettorale, non rappresentano il pluralismo, e dovrebbero partecipare al procedimento di revisione? Ma scherziamo? È una violazione precisa del principio costituzionale della sovranità popolare. Ma le assurdità non sono finite. Questi senatori dovrebbero concorrere all’elezione degli organi di garanzia, il presidente di questo senato dovrebbe avere funzioni di supplenza del presidente della Repubblica, rappresentando la seconda carica dello stato… Basta, sono senza parole.
ilmanifesto.it

Professoressa Carlassare, come andrebbe superato a suo giudizio il bicameralismo paritario?
Ho trovato nei lavori della commissione bicamerale del ’97 una proposta interessante. Si immaginava allora il senato come un contrappeso istituzionale al governo, reso necessario dall’affermarsi dei sistemi maggioritari nei quali l’equilibrio si sposta fatalmente in favore dell’esecutivo. E in questo caso, cito dalla relazione della bicamerale, si impone la valorizzazione della funzione di controllo democratico verso il governo stesso. Il senato avrebbe dovuto occuparsi delle libertà della persona, degli organismi neutrali e del sistema di informazione.
L’Assemblea delle autonomie realizza almeno l’altro obiettivo, quello di rappresentare i territori?
Non mi pare. Così com’è proposta non è espressione del popolo della regione, delle sue diverse istanze e interessi. Sembra più un organo di raccordo dei governi regionali tra loro e con il governo centrale. Proprio in questa fase storica in cui cresce la domanda di partecipazione, si risponde escludendo gli elettori dalla scelta dell’istituzione. L’obiettivo è chiarissimo.
Qual è?
Vedo un filo logico tra la riforma elettorale e questa proposta sul bicameralismo. L’intenzione di restringere sempre più il potere degli elettori è la stessa. Si punta a ridurre il peso del popolo sovrano, addomesticarlo, tacitarne la volontà. Diminuire le garanzie democratiche è in fondo un desiderio da molti anni dominante. Ma qui, con questa nuova assemblea dei notabili che si sostituisce agli eletti dal popolo, il disegno appare chiarissimo. E che dire poi dei 21 nominati direttamente dal presidente della Repubblica che potrebbero da soli formare una pattuglia nutrita in grado di spostare gli equilibri politici all’interno della assemblea.
Ma i presidenti di regione e i sindaci sono in fondo eletti dai cittadini.
Peccato che i presidenti di regione in una data tornata elettorale potrebbero benissimo essere tutti o quasi tutti espressione della stessa forza politica. È già successo. E i due consiglieri regionali mandati a Roma sarebbero a tutto concedere rappresentanti dei due partiti maggiori, gli stessi che stanno disegnando una legge elettorale a loro uso e consumo. Cioè in pratica si vuole consentire l’esistenza di due soli partiti, stroncare il pluralismo che invece è un concetto che pervade tutta la Costituzione. La stessa cosa si fa mettendo nella legge elettorale la soglia di sbarramento all’8%.
Sistemata la composizione di questa Assemblea, che dice delle funzioni che si immagina di dare a questi senatori-non più senatori?
Che non essendo eletti non possono avere la funzione legislativa che si vuole dare loro, oltretutto per leggi importantissime come quelle costituzionali. Non sono espressione del corpo elettorale, non rappresentano il pluralismo, e dovrebbero partecipare al procedimento di revisione? Ma scherziamo? È una violazione precisa del principio costituzionale della sovranità popolare. Ma le assurdità non sono finite. Questi senatori dovrebbero concorrere all’elezione degli organi di garanzia, il presidente di questo senato dovrebbe avere funzioni di supplenza del presidente della Repubblica, rappresentando la seconda carica dello stato… Basta, sono senza parole.
ilmanifesto.it
Studenti occupano Ducale, mostra gratis
Centocinquanta studenti del movimento 'Reup' (Rete Universitaria
Precaria) hanno occupato questo pomeriggio l'ingresso di Palazzo Ducale
chiedendo e ottenendo di poter visitare gratuitamente la mostra di
Edward Munch. Sono intervenuti vigili urbani e agenti della Digos che
hanno bloccato l'accesso dei manifestanti. Per evitare disagi la mostra e
stata chiusa al pubblico. Al termine di una trattativa è stato deciso
di concedere l'ingresso gratuito agli studenti divisi per gruppi.
ansa
ansa
martedì 11 marzo 2014
Italicum, quote rosa ko col voto segreto

Respinti
tutti tutti e tre gli emendamenti. E subito scoppia la polemica nel
Partito democratico. Sandra Zampa (Pd): «Mancano i nostri voti, lo
dicono i numeri». Soddisfazione nel Centrodestra. Il governo aveva
detto: ci rimettiamo alla decisione dell'Aula.
Bianchi (Ncd): «Sulle donne può saltare l'Italicum»
LA SCHEDA Un anno a tappe quasi forzate

LA SCHEDA Un anno a tappe quasi forzate
avvenire.it
lunedì 3 marzo 2014
Tav: sigilli baita, 4 mesi a Grillo
(ANSA) - TORINO, 3 MAR - Il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, è stato condannato a 4 mesi per violazione di sigilli. Stessa condanna è stata inflitta ad Alberto Perino, carismatico leader del Movimento che si oppone alla Torino-Lione. Questa la decisione del giudice monocratico Elena Rocci di Torino, che per la vicenda della baita No Tav di Chiomonte. La procura aveva chiesto nove mesi per entrambi.
"Viviamo in un clima di caccia alle streghe", commenta Perino.
Proteste in aula alla lettura della sentenza.
"Viviamo in un clima di caccia alle streghe", commenta Perino.
Proteste in aula alla lettura della sentenza.
Tensione sempre più alta in Ucraina, con l'avanzamento dell'occupazione russa in Crimea
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - Tensione sempre più alta in Ucraina,
con l'avanzamento dell'occupazione russa in Crimea. Kiev parla
di disastro imminente, il G7 condanna Mosca e sospende i
preparativi per il G8 a Sochi, mentre Kerry si spinge ad
affermare che la Russia rischia il suo posto tra i Grandi otto.
Oggi incontro tra Putin e la Timoshenko; la Ashton sarà a Kiev; a Bruxelles Consiglio degli Esteri Ue.
Oggi incontro tra Putin e la Timoshenko; la Ashton sarà a Kiev; a Bruxelles Consiglio degli Esteri Ue.
Ucraina: esplosione udita a Simferopoli
(ANSA) - ROMA, 3 MAR - Un'esplosione più forte, seguita da un
meno intensa, è stata udita nell'area di Simferopoli, capitale
della Crimea presa ormai sotto controllo dalle forze russe e
filo-russe. Lo riferisce la Bbc, in mancanza di dettagli. Il
sito di Ukrainska Pravda, da parte sua, sostiene che militari
russi avrebbero fatto esplodere granate assordanti completando
la requisizione di edifici della base militare ucraina presso
l'aeroporto di Belbek, incluso un deposito di munizioni.
Corea Nord, lancio missili corto raggio
(ANSA) - TOKYO, 3 MAR - La Corea del Nord ha lanciato due
missili a corto raggio dalla costa orientale nel mar del
Giappone. I missili sono stati lanciati dalla zona di
Gitdaeryeong e da Wonsan, sulla costa orientale, a partire dalle
6:19 ora locale (le 22:19 di ieri in Italia). "Si ritiene che i
vettori usati abbiano una copertura fino a 500 chilometri",
secondo un funzionario del ministero della Difesa sudcoreano
citato in forma anonima dalla Yonhap.
Cinema - Oscar: 'La grande bellezza' miglior film straniero. Sorrentino ringrazia Fellini e Maradona
"La grande bellezza" di Paolo Sorrentino ha vinto l'Oscar per il miglior film straniero. "Grazie alle mie fonti di ispirazione Federico Fellini, Martin Scorsese, Diego Armando Maradona,
a Roma, a Napoli e alla mia più grande bellezza personale, Daniela,
Anna e Carlo". Queste le prime parole di Paolo Sorrentino sul palco del
Dolby Teathre dopo aver ricevuto l'Oscar per "La Grande Bellezza".
L'Oscar torna in Italia dopo 15 anni. L'ultimo ad aver conquistato la
statuetta era stato Roberto Benigni con "La vita è bella" nel 1999. Ad
annunciare la vittoria della "Grande Bellezza" sono stati Ewan
McGregor e Viola Dacis. Sorrentino ha ricevuto il premio insieme a un
entusiasta Toni Servillo e il produttore Nicola Giuliano.
Il neoministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha chiamato al
telefono Sorrentino per esprimergli "gioia e ringraziamenti". "Al
risveglio - ha scritto su Twitter - sarà per l'Italia un'iniezione di
fiducia in se stessa. Viva Sorrentino, viva il cinema italiano! Quando
il nostro Paese crede nei suoi talenti e nella sua creatività, torna
finalmente a vincere".
Il vero vincitore dell'86/ma edizione degli Oscar è però Gravity di
Alfonso Cuaròn che si porta a casa ben 7 statuette su 10 nomination, tra
cui anche regia e montaggio. Miglior film, però, è 12 anni schiavo.
Miglior attore protagonista Mattew McConaughey, miglior attrice Cate Blanchett
ansadomenica 2 marzo 2014
Ucraina: premier, se Russia attacca, guerra
(ANSA) - KIEV, 2 MAR - Se la Russia desse corso all'invio di
truppe autorizzato oggi dal senato di Mosca sarebbe "la guerra".
Lo dice stasera il premier ucraino, Arseni Iatseniuk, aggiungendo peraltro di non credere che un intervento militare russo ci sarà davvero. Intanto, l'esercito ucraino è stato messo in stato d' allerta. Lo ha detto il presidente ad interim Olexandr Turtchinov precisando che è stata anche rafforzata la protezione delle centrali nucleari e dei siti strategici.
ansa
Lo dice stasera il premier ucraino, Arseni Iatseniuk, aggiungendo peraltro di non credere che un intervento militare russo ci sarà davvero. Intanto, l'esercito ucraino è stato messo in stato d' allerta. Lo ha detto il presidente ad interim Olexandr Turtchinov precisando che è stata anche rafforzata la protezione delle centrali nucleari e dei siti strategici.
ansa
Papa Francesco, Vaticano S.p.a. 2014
Papa Francesco è diventato l’Amministratore Delegato, Presidente e
Governatore della Onlus internazionale Città del Vaticano S.p.A.
Nella Prefazione dell’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI è scritto a chiare note: “La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati”. Nell’aprile del 2012 intitolai un articolo su Papa Benedetto “Obbedienza! Ma dopo di lui cosa sarà?”: la chiesa diventerà una Onlus caritatevole di volontariato ? Quel “grande Papa” stava già “riedificando” e “ricodificando” dal 2009 una filosofia teologica Cattolica a fronte dell’impoverimento relativista storico che stava sovvertendo le cause con la finalità esclusivamente trascendentale della stessa Chiesa.
Siamo nel 2014: ci siamo! Papa Francesco è diventato l’Amministratore Delegato, Presidente e Governatore della Onlus internazionale Città del Vaticano S.p.A.
Quando, come primo atto, distrusse tutta la Curia romana con vari rimbrotti indirizzati agli “intriganti romani” tra il tripudio dei companeros italiani, l’avevamo capito: il suo compito sarebbe stato quello di eliminare il Romacentrismo per rendere il Vaticano un Regno al proprio ed unico comando. Il Papa nascondendosi dietro al pauperistico nome di Francesco, invece di rendere San Pietro indirizzata al puro misticismo trascendentale come la Porziuncola, si è posto in testa nuovamente il “Triregno”. La nuova Organizzazione dei Cardinali simil-G8 internazionale disegna una vera e propria Azienda diversificata nel mondo intero, la cui supervisione tecnica è coordinata da un Segretariato di Controllo su tutte le funzioni economiche ed amministrative della Santa Sede. Questo organismo è capitanato da un Prefetto proveniente proprio dall’altra parte del mondo: un australiano che assume i compiti di un vero e proprio ministro dell’Economia o del tesoro, essendo questo gruppo coadiuvato - novità assoluta - da sette espertissimi laici. Presto, la sede del Vaticano potrebbe benissimo essere trasportata dall’altra parte del Mondo su di un grattacielo!
Con le scuse di semplificare ed incrementare la trasparenza e i controlli interni delle strutture economiche e di assicurare un maggiore aiuto all’azione del Vaticano in favore dei poveri, si è distrutta completamente la Segreteria di Stato che prima, oltre che a svolgere una funzione di controllo amministrativo, svolgeva il ruolo più importante verso l’esterno, gestendo le relazioni diplomatiche della Santa Sede.
Papa Francesco ha completamente annullato qualsiasi ruolo pubblico mediatico degli altri Cardinali e Vescovi. Sono spariti Bagnasco, Bertone, perfino Tettamanzi, … non parla più nessun alto prelato; nessuno contraddice nessuno: c’è solo il Papa che accarezza i bimbi, che si porta la borsa, che viaggia in una scomodissima utilitaria, che invita tutti i diseredati a sbarcare a Lampedusa, che continua a riprendere pubblicamente, come si fa con i bambini all’oratorio (tra il tripudio dei laici), i preti, vescovi, suore e cardinali, dicendo loro -come al tempo del Duce - di non commentare l’operato del Capo, di non fare pettegolezzi, (silenzio, il nemico - il diavolo - ascolta!) di non perpetuare gli intrighi di corte per far carriera. C’è solo un Papa, osannato da tutta la sinistra laica ex-anticlericale, mangiapreti, rivoluzionaria - come quella guerrigliera, propugnata dalla Teologia della Liberazione sudamericana - che paragona il liberismo “sfrenato” all’inferno, invitando ad essere tutti uguali, poveri tra i poveri! Un Papa – solo - che si porta la borsa da solo, perché non si fida neanche del segretario personale! Un Papa che si chiede chi sia Egli stesso per giudicare un peccatore. Se non lo sa lui, glielo dico io: il Papa è colui il quale viene nominato dallo Spirito Santo come Vicario in Terra da Cristo. Caro Francesco, attento a liberare troppe colombe bianche, ci sono in agguato cornacchie e gabbiani che se le mangiano!
di Roberto Pepe - italiachiamaitalia.it
Nella Prefazione dell’enciclica “Caritas in veritate” di Benedetto XVI è scritto a chiare note: “La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati”. Nell’aprile del 2012 intitolai un articolo su Papa Benedetto “Obbedienza! Ma dopo di lui cosa sarà?”: la chiesa diventerà una Onlus caritatevole di volontariato ? Quel “grande Papa” stava già “riedificando” e “ricodificando” dal 2009 una filosofia teologica Cattolica a fronte dell’impoverimento relativista storico che stava sovvertendo le cause con la finalità esclusivamente trascendentale della stessa Chiesa.
Siamo nel 2014: ci siamo! Papa Francesco è diventato l’Amministratore Delegato, Presidente e Governatore della Onlus internazionale Città del Vaticano S.p.A.
Quando, come primo atto, distrusse tutta la Curia romana con vari rimbrotti indirizzati agli “intriganti romani” tra il tripudio dei companeros italiani, l’avevamo capito: il suo compito sarebbe stato quello di eliminare il Romacentrismo per rendere il Vaticano un Regno al proprio ed unico comando. Il Papa nascondendosi dietro al pauperistico nome di Francesco, invece di rendere San Pietro indirizzata al puro misticismo trascendentale come la Porziuncola, si è posto in testa nuovamente il “Triregno”. La nuova Organizzazione dei Cardinali simil-G8 internazionale disegna una vera e propria Azienda diversificata nel mondo intero, la cui supervisione tecnica è coordinata da un Segretariato di Controllo su tutte le funzioni economiche ed amministrative della Santa Sede. Questo organismo è capitanato da un Prefetto proveniente proprio dall’altra parte del mondo: un australiano che assume i compiti di un vero e proprio ministro dell’Economia o del tesoro, essendo questo gruppo coadiuvato - novità assoluta - da sette espertissimi laici. Presto, la sede del Vaticano potrebbe benissimo essere trasportata dall’altra parte del Mondo su di un grattacielo!
Con le scuse di semplificare ed incrementare la trasparenza e i controlli interni delle strutture economiche e di assicurare un maggiore aiuto all’azione del Vaticano in favore dei poveri, si è distrutta completamente la Segreteria di Stato che prima, oltre che a svolgere una funzione di controllo amministrativo, svolgeva il ruolo più importante verso l’esterno, gestendo le relazioni diplomatiche della Santa Sede.
Papa Francesco ha completamente annullato qualsiasi ruolo pubblico mediatico degli altri Cardinali e Vescovi. Sono spariti Bagnasco, Bertone, perfino Tettamanzi, … non parla più nessun alto prelato; nessuno contraddice nessuno: c’è solo il Papa che accarezza i bimbi, che si porta la borsa, che viaggia in una scomodissima utilitaria, che invita tutti i diseredati a sbarcare a Lampedusa, che continua a riprendere pubblicamente, come si fa con i bambini all’oratorio (tra il tripudio dei laici), i preti, vescovi, suore e cardinali, dicendo loro -come al tempo del Duce - di non commentare l’operato del Capo, di non fare pettegolezzi, (silenzio, il nemico - il diavolo - ascolta!) di non perpetuare gli intrighi di corte per far carriera. C’è solo un Papa, osannato da tutta la sinistra laica ex-anticlericale, mangiapreti, rivoluzionaria - come quella guerrigliera, propugnata dalla Teologia della Liberazione sudamericana - che paragona il liberismo “sfrenato” all’inferno, invitando ad essere tutti uguali, poveri tra i poveri! Un Papa – solo - che si porta la borsa da solo, perché non si fida neanche del segretario personale! Un Papa che si chiede chi sia Egli stesso per giudicare un peccatore. Se non lo sa lui, glielo dico io: il Papa è colui il quale viene nominato dallo Spirito Santo come Vicario in Terra da Cristo. Caro Francesco, attento a liberare troppe colombe bianche, ci sono in agguato cornacchie e gabbiani che se le mangiano!
di Roberto Pepe - italiachiamaitalia.it
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